La data di oggi riporta la mia memoria e il mio ricordo a mio fratello Gianluca, che oggi avrebbe compiuto quarant’anni, una tappa che viene considerata importante e simbolica nella vita della maggior parte delle persone.
Allo stesso tempo, la giornata di oggi conduce il mio ricordo a ciò che accade sette anni fa. Era il 20 gennaio del 2009, un freddo martedì. Era il giorno del suo trentatreesimo compleanno, un giorno che sarebbe dovuto essere allegro e pieno di gioia.
Con i miei genitori avevamo concordato che mi avrebbero raggiunto insieme a lui nel luogo in cui stavo lavorando. Avevo prenotato un tavolo in uno dei migliori ristoranti del posto. Quando Gianluca arrivò insieme a mia madre e mio padre, notai subito che nei suoi occhi c’era un velo di tristezza. Mancava sul suo volto quel sorriso che lo aveva sempre caratterizzato.
Arrivati al ristorante, quando giunse il momento di sederci attorno al tavolo, Gianluca trovò grandi difficoltà nel sedersi e addirittura sarebbe caduto a terra se mio padre non lo avesse aiutato e sostenuto. Gianluca rimase così turbato dall’accadimento che da quel momento in poi non disse più una parola per tutta la durata del pranzo. Quando ormai era giunto il momento di andare via, nell’alzarsi ebbe di nuovo grandi difficoltà e nuovamente rischiò di inciampare nelle sedie che erano vicino alla sua. Nel vedere il suo imbarazzo e il suo disagio, i miei genitori ed io ci guardammo negli occhi e sentimmo una forte stretta al cuore. La malattia, proprio in quel giorno così speciale, aveva accelerato in maniera improvvisa e inattesa il suo decorso.
A Gianluca qualche anno prima era stata diagnosticata una malattia neurodegenerativa, il cui nome scientifico è MCJ (Malattia di Creutzfeldt-Jakob), una malattia che nel 2000 aveva riempito le prime pagine dei giornali quando l’allarme “mucca pazza” raggiunse il suo picco. All’epoca ci avevano detto che Gianluca aveva un’aspettativa di vita di non più di due anni. Da allora, però, di anni ne erano trascorsi cinque e forse anche per questo motivo non ero preparato a ciò che era accaduto quel giorno e soprattutto a ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.
Nei giorni a seguire la condizione di Gianluca peggiorò ulteriormente. Iniziarono a manifestarsi grossi problemi di equilibrio quando camminava e il suo sguardo cominciò a diventare sempre più assente. I suoi bellissimi occhi azzurri sembravano volgere lo sguardo altrove, verso un luogo distante dalla realtà che lo circondava.
Stavo perdendo mio fratello; questo era ciò che stava accadendo. Si, stavo ormai perdendo quel fratello che aveva solo quindici mesi meno di me; l’unico fratello che avevo e che aveva riempito ogni giorno della mia infanzia con la sua presenza, con i suoi sorrisi e con la sua gioia di vivere.
L’11 febbraio 2009, soltanto venti giorni dopo il suo compleanno, Gianluca camminò per l’ultima volta. Da quel giorno in poi vennero tante altre “ultime volte”: l’ultima volta in cui pronunciò il mio nome, l’ultima volta in cui fu in grado di mangiare con le sue mani, l’ultima volta in cui sorrise, l’ultima volta in cui disse la parola “mamma”.
L’amore che mi univa a Gianluca mi spinse a prendere la decisione di mettere la mia vita in pausa. Chiesi dunque un periodo di aspettativa a lavoro e mi trasferii a casa dei miei genitori per stare vicino a lui giorno e notte. Stetti accanto a lui per i successivi quattro mesi, accompagnandolo giorno dopo giorno fino a quel mattino del nove giugno, il giorno che segnò la conclusione della sua esperienza di vita.
Quei quattro mesi segnarono l’inizio di una ricerca incessante e di una profonda trasformazione. Poiché la medicina non era in grado di fare nulla per aiutare Gianluca, mi misi alla ricerca di qualunque cosa potesse offrire una speranza di miglioramento. Questa ricerca mi portò a fare una serie di esperienze che in quel momento credevo fossero esclusivamente al servizio della sua guarigione, ma che più tardi avrei scoperto essere molto di più.
Il viaggio che avevo appena intrapreso con Gianluca mi portò in pochi mesi a conoscere alcune delle più importanti tradizioni di ricerca interiore e alcune delle più diffuse pratiche di guarigione. Ciò che mi spingeva era il bisogno di fare qualunque cosa pur di aiutarlo, qualunque cosa pur di far sì che la direzione che gli eventi avevano preso venisse cambiata.
Leggevo libri, facevo ricerche incessanti su Internet, incontravo persone che si definivano “maestri” o “guaritori”. L’amore per mio fratello era diventato una forza propulsiva che mi spingeva senza sosta.
Nessuna di quelle esperienze, nessuna di quelle pratiche, nessuna di quelle tecniche funzionò, almeno non per ciò che mi aspettavo e che per me era più importante: salvare mio fratello da quella morte che sembrava avvicinarsi ogni giorno di più. L’unica cosa che tutte quelle esperienze generarono, così come lo stare ogni giorno accanto a lui, fu una progressiva presa di coscienza, una graduale e profonda trasformazione; un processo che mi avrebbe condotto di lì a poco a un radicale cambiamento di vita.
Pochi mesi dopo quel 9 giugno che aveva segnato la fine dell’esperienza vissuta accanto a Gianluca, ricordo che andai al cinema a vedere il film Avatar. Da grande appassionato di cinema qual era, Gianluca aveva seguito negli anni precedenti tutte le notizie riguardanti la lavorazione del film. Non potevo non andare a vedere quel film che lui aveva tanto atteso. Ricordo che all’inizio del film fu detta una frase, “la morte di un fratello rappresentò l’inizio di una nuova vita per l’altro”. Quelle parole risuonarono con grande forza dentro di me e ricordo che in quel momento sentii tutto il mio essere vibrare come se fosse stato improvvisamente avvolto dal più avvolgente e caldo degli abbracci.
Quella frase, fatta di poche parole, aveva espresso esattamente tutto ciò che Gianluca aveva fatto per me: regalarmi una nuova vita. Tutto ciò che credevo di aver fatto per lui, solo per aiutarlo a guarire, in realtà mi aveva fornito la spinta per iniziare quello che negli anni successivi avrei scoperto essere un vero e proprio cammino di ricerca e di autorealizzazione.
Il grande potere di cambiamento e di trasformazione che Gianluca aveva risvegliato dentro di me mi ha portato nel giro di poco tempo a cambiare vita, cambiare lavoro, cambiare prospettiva e a comprendere che la Vita è un dono, una meravigliosa avventura, un bellissimo gioco, e che la salute umana è un bene prezioso, che va preservato e protetto.
La malattia di Gianluca, come tante altre, è il risultato di scelte scellerate che l’essere umano ha compiuto nell’allontanamento progressivo dalla sua parte essenziale. Le scelte scellerate e inconsapevoli sono state guidate dalla ricerca del profitto, in nome del quale è stato sacrificato il rispetto della salute mettendo in pericolo la vita di milioni di persone. Per molto tempo ho provato una profonda indignazione e rabbia per tutto questo poiché non accettavo che ciò che era accaduto fosse il risultato dell’avidità e della follia della mente umana.
Il perdono in tal senso, tra i tanti percorsi fatti, è stato uno dei più importanti e significativi. Un percorso che mi ha permesso di assimilare quello che è successo: il dolore, la sofferenza, la rabbia, l’indignazione, l’impotenza, la paura. Il perdono mi ha permesso di assimilare tutto questo, di accettarlo e integrarlo per poter guarire un po’ alla volta e imparare a vivere libero senza rimanere vittima del danno subito. Il cammino di ricerca compiuto in questi sette anni mi ha permesso progressivamente di trasformare il dolore in pace, la tristezza in gioia, la malattia in guarigione.
Mio fratello, quel fratello meraviglioso che aveva riempito la mia infanzia rendendola indimenticabile e che mi ha accompagnato per trentatré anni, mi ha regalato l’opportunità di risvegliarmi e di attivare una presa di coscienza che mi sta portando ogni giorno di più a un vero senso dell’esistenza e a un contatto sempre più profondo con Chi-Sono-Veramente.
Oggi la mia vita è completamente cambiata. Oggi ho la possibilità di dare espressione ai miei talenti e a tutte le caratteristiche del mio essere. Oggi ho l’opportunità di dare il mio contributo all’evoluzione e all’espansione della coscienza anche in contesti complessi quali sono quelli aziendali e organizzativi.
Ringrazio la Vita che mi ha dato l’opportunità di riconoscere i segnali che mi hanno condotto al cammino di risveglio che sto percorrendo.
Ringrazio Gianluca per avermi insegnato che cosa significa davvero vivere e quanto preziosa sia questa esperienza.
Lo ringrazio per aver rappresentato nella mia vita un maestro di Vita, una guida, quel “dito” che ha puntato la mia attenzione verso la “luna” della trasformazione e dell’evoluzione. Gianluca, con la sua storia e con la sua esperienza, mi ha fatto vedere che la vera malattia risiede nella mente dell’uomo ed è l’inconsapevolezza, l’essere addormentati nella routine di ogni giorno, il credere solo a ciò che si vede con i propri occhi o che si sente con le proprie orecchie, il mettere in maniera incondizionata il proprio potere personale nelle mani di chi gestisce il potere politico ed economico per poi sentirsene vittime.
Gianluca per me è come il mare: immenso, maestoso, invincibile. Invincibile perché ha superato la sfida più grande per un essere umano: perdere tutto. Perdere tutto ciò che per la maggior parte degli esseri umani appare insostituibile. Perdere ogni cosa, progressivamente, pezzo dopo pezzo, per poi andare oltre elevandosi sopra ogni cosa, arrivando là dove le illusioni si rivelano per ciò che sono e si dissolvono. E tutto è finalmente vero, reale, puro.
Ringrazio mia madre e mio padre per il coraggio che hanno dimostrato nel saper trasformare il dolore della perdita del loro straordinario figlio e per la forza che hanno avuto di onorare il suo ricordo continuando a vivere la vita con pienezza e con gioia. Ringrazio mia madre anche per aver raccontato la storia di mio fratello in un libro e per aver permesso, così facendo, alla sua vita di diventare un messaggio d’amore che sta toccando la vita di molte persone.